Era un triste pomeriggio d’inv…
No, non è andata proprio così. In realtà era una mattina d’estate, anzi la prima, era il 21 giugno 1989.
Il mio primo giorno di lavoro iniziò con una breve camminata, perché la prima macchina sarebbe arrivata di li a poco, e per il momento il tragitto era gentilmente offerto dall’autobus, e poi appunto c’erano da fare 10 minuti a piedi.
Ma era bello perché era quasi tutta campagna, e poi il luogo dove dovevo andare era a dir poco ameno.
Dico ameno perché è adatto per descrivere questa villa immersa nel verde, con un gran prato verde che si andava a stendere fino al fiume. E io avrei lavorato lì…
Lo “studio”, che diventò da allora il sinonimo di ufficio, per me, era piccolo, una stanzetta ed uno stanzino ancora più minuscolo adiacente, dice ci si stava giusto in quattro. Cinque, se consideriamo l’oggetto del nostro lavoro, sempre presente e ingombrante al centro della stanza. La moto.
O meglio “una” moto, che cambiava spesso, a seconda delle necessità. Le altre stavano fuori, sotto al portico, in attesa di essere gestite (e vestite).
Adesso ero lì, e stavo per iniziare a fare un lavoro del quale non avevo la minima idea di cosa cazzo si trattasse. Anche se non ero mai stato un appassionato di moto, avevo già però intuito che vi avrebbe avuto a che fare. Dovetti girare intorno ad una Futura 50 per potermi sedere al mio posto. Questa…
